Venerdì a pranzo di lavoro, siamo in due, io e il collega Filippo. Io sono a Rovigo, lui a Bologna, la tappa a metà strada è praticamente scontata. Arrivo a Ferrara senza idee su dove sistemare le gambe per il pranzo quando la soluzione si presenta in forma di tecnologia: apro il browser di Internet sul cellulare e su GM trovo l'indirizzo de I Tre Scalini.
Ricordo valutazioni ambigue e contrastanti su questo locale, per cui mi adopero incuriosito sul navigatore e dopo soli 5 minuti (in questo terzo millennio globale e un po'sfigato a volte ci sono risorse per la panza davvero utili…). siamo seduti al tavolo di una bella osteria spartana, piccola e quasi piena.
E' l'una e mezza e abbiamo fame già da un po'; il cameriere arriva subito e ci elenca i primi: tagliatelle al ragù bianco in stile romagnolo, gramigna con salsiccia, forse gnocchi (non ricordo il formato di pasta..) con speck e porri e cappellacci di zucca al burro e salvia o al ragù.
Optiamo subito per questi ultimi: Filippo perché gli ricordano i pranzi dalla nonna di Cento e io per l'incofessata e assurda speranza di poter finalmente confermare al mio bolognese commensale che i veri e migliori tortelli di zucca si fanno solo a Mantova e che da qualsiasi altra parte sono solo una pallida parodia.
Naturalmente il tutto è uno scherzo che va avanti da anni, con me a sostenere che Ferrara e Cremona provano a fregiarsi della paternità di questo piatto da secoli “…ma non è vero niente, perchè la prima codifica della ricetta è ascrivibile a Bartolomeo Stefani, cuoco di corte dei Gonzaga, che la inventò verso la seconda metà del Â?600 e bla, bla, bla…..”
Alla fine, come sempre, si concorda sulla totale assurdità di queste considerazioni (biascicate quasi sempre dopo due bicchieri di vino), visto che ”…di sicuro tutte le campagne a ridosso del Po da Pavia fino al mare mangiano zucche almeno da qualche millennio, figurati..” oppure “ … poi pensa che cuoche meravigliose potevano essere le massaie di quelle campagne, e che mano in cucina ...” e via di questo passo.
Poi grazie a Dio arrivano i cappellacci a risolvere ogni delirio farneticante e si presentano subito bene: sono abbondanti e grandi e polposi come limoni, ricoperti da un bel ragù di carne con salsa di pomodoro, che però a prima vista mi pare eccessiva: “Ecco, la solita Febbre del Pomodoro Â? penso- come minimo il ragù sarà acido…”. Non c'è verso, oggi ho proprio voglia di rompere i c…..!
Ma per fortuna sono subito smentito e zittito da un piatto davvero ben fatto, il ripieno è equilibrato e saporito, si sente bene l'amaretto e il ragù non è per niente acido, anzi ha un sapore bello rotondo e deciso senza risultare invadente. Anche Filippo annuisce convinto: il nostro primo ha retto alla grande il confronto con Nonna Lina.
Come secondo siamo incuriositi dalla tradizionalissima Salama da sugo con purè di patate, che io tra l'altro, a differenza di Filippo, non ho mai assaggiato. Ne ordiniamo subito una porzione da dividere in due, rinunciando a malincuore al carrello dei bolliti con salse e ad un'invitante tagliata al rosmarino. Tempo tre minuti ed ecco la pietanza già intelligentemente divisa in due piatti: è una sorta di cotechino o zampone macinato e adagiato su un letto di purè.
Ha una buona consistenza ma un sapore troppo intenso, speziato, che mi fa pensare terribilmente alla vescica in cui è stato insaccato e che trovo nel complesso davvero poco piacevole; non so dire se ciò dipenda dalla ricetta in sé o dalla scarsa abilità del cuoco, come ho detto per me è la prima volta. Il mio commensale si dice d'accordo mentre finisce a fatica la sua mezza porzione.
Nonna Lina fa 1-1 e palla al centro.
Causa le fitte chiacchiere di lavoro mi accorgo di aver clamorosamente rimosso l'elenco dei dolci, anche se ricordo il cameriere mentre ci snocciola un lungo e stuzzicante elenco di preparazioni diverse. Chiediamo alla fine una porzione di Tenerina (anche questa da dividere in due) perché abbbiamo voglia di cioccolato per finire l'ottimo Sangiovese rimasto e anche perchè cerco indizi utili da girare a Federica, che da qualche tempo si sta specializzando alla grande nella preparazione di questo classico ferrarese (proprio mentre scrivo ne sta sfornando una per la cena di stasera e la casa è invasa da un meraviglioso profumo).
La porzione che arriva sembra un po' striminzita, ma è buona, anche se non entusiasmante (Fede vince il confronto senza problemi).
Oggi per fortuna tocca a Filippo pagare, perché dopo 2 caffè ristretti arriva un conto di € 43, che non sono pochissimi visto che abbiamo preso 2 primi (€ 16), 1 deludente secondo (€ 12), 1 piccolo dolce (€ 4), mezzo litro di Sangiovese, 1 bottiglia d'acqua e 2 caffè. Insomma decisamente caro.
Sarei tentato di dare 1 solo cappello di punizione ma tutto sommato l'ambiente è piacevole, il personale sfoggia cortesia e mestiere, l'ubicazione è comoda per andare in centro a piedi e i nostri cappellacci (1 cappello di bonus) erano davvero notevoli.
In tutto do 3 cappelli sulla fiducia, da confermare dopo una seconda visita per il carrello dei bolliti e i dolci.
Consigliato!
[candy]
15/03/2009
Anche io mi sarei lasciata tentare dalla salama da sugo.
Pero' un certo sesto senso mi dice che i bolliti potrebbero riservare sorprese piacevoli.
Se ci tornerai, forse con quelli non sbagli. !