Dopo giorni di convulsa organizzazione per l'allestimento di un lungo weekend dispersi tra le colline alle spalle di Chiavari, siamo decisamente abbattuti dalle previsioni del meteo e decidiamo di rimandare la gita ligure a giorni migliori.
Nella speranza di sfruttare una breve tregua dell'imprevedibile uggia d'aprile, l'amico Emilio ha una brillante idea, già ventilata durante l'ultima escursione gastronomica a Moscheta: “si va a Rimini dal Lurido, sabato a pranzo, e ci facciamo stordire di antipasti di pesce.” Ci sto!
La determinazione a non perderci il weekend in giro per l'Italia ci premia con una bella giornata di sole primaverile; la darsena del porto è ingombra di pescherecci e l'aria che tira sul canale è una brezza fresca e vivificante.
“…Teresa parla poco, ha labbra screpolate, mi indica un amore perso a Rimini d'estate….”
Fischietto il Faber mentre mi gusto la città felliniana fuori stagione, la provincia marinara a riposo prima della follia agostana di macchine e pance bianche su ciabatte di plastica.
Sono 4 o 5 anni che non vado in questa pittoresca trattoria incastrata tra le basse e coloratissime casette di Borgo S. Giuliano; l'ultima visita mi aveva alquanto soddisfatto. Spero solo che da allora Il Lurido non sia diventato un carissimo e deludente baraccone per turisti come è successo di recente a molti locali della Riviera Romagnola. Grazie a Dio non avrò di che preoccuparmi…
Arriviamo verso l'una e trenta in un sala piena di tavoli ingombri di pietanze e bottiglie di vino bianco, gente che succhia gamberoni e valve di mollusco o inforca lunghissimi tagliolini con frutti di mare. Il profumo di pesce è conturbante. La sala al piano terra ha un bel colore rosa e ocra scuro e semplici tavoli in legno, fiaschi ruspanti sulle mensole e un viavai di camerieri lesti e di proverbiale gentilezza. Con la grande sala al piano superiore mi pare, ad occhio, che la trattoria possa ospitare fino a un centinaio di clienti, o forse più.
Siamo in 4 e ci accodiamo al tavolo dove veniamo presto serviti di pane, acqua gassata e una bella boccia gelata del fantastico bianco della casa, un vinello leggero che scende beato solleticandoti il sangue per tutto il pranzo e che si paga sulle ginocchia quando è il momento di alzarsi dal tavolo. Meraviglioso, finiremo col berne 4 bottiglie.
Poiché abbiamo dato al cameriere l'assenso per la girandola degli antipasti, passano pochi minuti e cominciamo:
alici grigliate con origano e pomodori, (sublimi) trigliette con pomodori e olive nere, crostini al tonno, seppie in umido con piselli, merluzzetti (o qualcosa di molto simile) al sugo, gamberoni cotti in un tegame di coccio con olio, sale grosso ed erbe aromatiche (fantastici) , piccola frittura di cannolicchi e un pesce non identificato, buonissimo anche se ingombro di spine, sautè di vongole, lumachine di mare al sugo e a concludere una freschissima catalana di frutti di mare, gamberoni, pesce di paranza e cipolle rosse (di cui ho come d'obbligo abusato giocandomi, credo, una piacevole serata domestica).
Stiamo assolvendo pienamente ai nostri propositi e siamo estasiati dalla tanto agognata abbuffata di pesce: per una buona metà del viaggio da Mantova ci siamo lamentati di quanto sia difficile nella nostra città poter integrare il pesce nella nostra dieta: troppo caro, troppo lontano da reperire VERAMENTE fresco, troppo scomodo da conservare. Oggi ci rifaremo…
Decidiamo comunque di saltare i primi per non riempirci oltre misura e poterci deliziare con una bella frittura e qualche pescetto grigliato. E' ancora tutto abbondante e buonissimo ma soprattutto fresco, come contorno abbiamo solo un'insalata verde che ci aiuta non poco nel processo di sgrassatura del palato.
Finiamo con calma i polipetti e i calamari fritti, gli spiedini di gamberi e seppie, le sogliole grigliate e la quarta bottiglia del vinello scoppiettante. Siamo pieni, ma non tanto da gettare la spugna.
Arriva un agognato e buonissimo sorbetto al limone, servito in coppa, con bottiglia di limoncello a rinforzare il gusto e il tenore alcolico. Poi ecco che arriva un misto di dolci composto da panna cotta ai frutti di bosco, bavarese al caffè, creme caramel, semifreddo all'amaretto e una torta morbida tipo Paradiso da intingere in una tazza di cioccolato caldo. Cinque caffè e svariate bottiglie di amaro lasciate al tavolo (liquirizia fredda, sambuca, grappa e limoncello) cui attingiamo volentieri, chiudono un pasto di pesce da manuale, atteso e gustato con inusuale goduria, data la nostra lunga astinenza dai bivacchi di mare.
Il conto è di € 45 a testa, direi più che giusti. I cappelli sono solo 4 e non 5 perché i primi di pasta fresca fatta in casa vanno giustamente vagliati, il non averli potuti recensire mi lascia uno stimolo a tornare e completare l'opera.
Il Lurido merita veramente ancora la fama di cui gode e io ho avuto l'ennesima conferma del fatto che adoro mangiare il pesce a ridosso del mare, con i gomiti unti per l'abbuffata di vongole e crostacei, il vino bianco che bussa alle tempie e il profumo di scoglio e limone sotto il naso.
Consigliatissimo!!
[candy]
19/04/2009
Bisognerebbe riuscirci ad andare in giorni un po' morti, ma chi ce la fa ??